La stagionalità ed il ricorso al contratto a tempo determinato

In estate il ricorso allo strumento del contratto a termine stagionale diviene sistematicamente più frequente soprattutto in settori come il turismo, l’agricoltura, l’edilizia o l’industria che, proprio in tale periodo, subiscono inevitabili fluttuazioni della propria attività.


Il lavoro stagionale offre diversi vantaggi per le aziende. In primo luogo, favorisce la flessibilità nell’impiego della forza lavoro, infatti, assumendo lavoratori temporanei solo quando si registra un fisiologico incremento dell’attività lavorativa, il datore di lavoro si vede garantita una migliore gestione della manodopera, in funzione delle variazioni della domanda, con conseguente riduzione dei costi fissi.

Ciò trova conferma, ad esempio, nel settore del commercio dove l’aumento di produzione di abbigliamento estivo fa sistematicamente lievitare la domanda. Orbene, in questo caso specifico, il lavoro stagionale consente alle aziende di affrontare il picco di lavoro senza sovraccaricare la forza lavoro permanente.

 1.     Individuazione delle attività stagionali e normativa di riferimento


Secondo quanto previsto dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015, le attività stagionali devono essere individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero dai contratti collettivi di settore sia a livello nazionale che a livello territoriale o aziendale.

In attesa che il tanto atteso decreto ministeriale venga emanato, secondo la medesima disciplina, le attività definite come stagionali devono essere individuate in base all’elencazione prevista dal “vecchio” Decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive modificazioni.

Tuttavia, anche al fine di far fronte alla continua esigenza di aggiornamento della predetta risalente elencazione, nella prassi, numerosi sono i CCNL che sono intervenuti ad individuare nel proprio settore merceologico di riferimento specifiche attività con carattere di stagionalità.

Nel già citato settore del commercio (art 75 CCNL Commercio), ad esempio, le parti contrattuali, nel prendere atto del fatto che in determinate località a prevalente vocazione turistica le aziende, pur non esercitando attività a carattere stagionale secondo quanto previsto dall’elenco allegato al DPR 7 ottobre 1963, n. 1525, necessitano di gestire picchi di lavoro intensificati in determinati periodi dell’anno, hanno concordato di ricondurre ugualmente a ragioni di stagionalità le assunzioni a tempo determinato concluse per gestire detti picchi di lavoro delegando alla contrattazione di secondo livello il compito di individuare, oltre alle località a vocazione turistica, le specifiche attività da ricondurre al regime della stagionalità ed il relativo periodo di riferimento.

L’art. 39 del CCNL Alimentari Artigianato, prevede, inoltre, che il ricorso al lavoro stagionale, diventato nel tempo sempre più ricorrente, è possibile anche per quei contratti di lavoro riconducibili all’attività stagionale in senso ampio, ossia “quella concentrata in periodi dell’anno e finalizzata a rispondere all’intensificazione della domanda per esigenze cicliche o variazioni climatiche o connesse ad eventi civili, religiosi, tradizionali e promozionali”.

La norma prevede, in particolare, che si possa fare ricorso al lavoro stagionale nei casi di aumento dei consumi concentrati in particolari “periodi dell’anno collegati ai flussi turistici” stabilendo, inoltre, che nell’arco dello stesso ciclo stagionale la durata complessiva massima della stagionalità sia di otto mesi per ogni singolo contratto, ivi comprese eventuali proroghe e rinnovi.

Il CCNL dei Metalmeccanici, ancora, identifica come stagionali quelle attività estranee al DPR 7 ottobre 1963, n. 1525, caratterizzate da un’intensificazione di lavoro per un periodo che non può superare i 6 mesi e solo per alcuni frangenti dell’anno, che devono essere definiti a livello aziendale.   

Con nota 413/2021 l’ Ispettorato Nazionale del Lavoro ha analizzato nello specifico la  disciplina dei contratti a termine nelle ipotesi di stagionalità previste dal CCNL.

2.     Le deroghe al regime del contratto a tempo determinato


Il contratto stagionale rappresenta, dunque, una particolare “declinazione” del contratto a tempo determinato e, proprio a fronte delle peculiari esigenze che interviene a soddisfare, è sottoposto ad un regime normativo eccezionale, svincolato dalla maggior parte degli stringenti limiti normalmente previsti dalla disciplina sul contratto a termine.

In primo luogo, i contratti stagionali, oltre a non essere in alcun modo vincolati alla individuazione di una causale giustificativa e ciò indipendentemente dalla loro durata fisiologicamente inferiore ai 12 mesi di durata, non sono sottoposti neppure al limite di durata massima di 24 mesi previsto dall’art. 19 Dlgs. 81/2015 per i contratti a tempo determinato “ordinari”.

Il contratto stagionale non è, inoltre, soggetto al c.d. “stop and go”, ovvero al rispetto di un intervallo di tempo minimo tra la cessazione di un rapporto a termine e la stipula del successivo.

Si ricorderà, infatti, che secondo la disciplina generale, ai fini della legittima successione di contratti a termine deve normalmente essere rispettato un periodo di interruzione obbligatorio tra un rapporto e l’altro. In particolare, prima di procedere alla nuova stipula, devono trascorrere almeno 10 giorni di calendario nel caso in cui il primo contratto abbia avuto durata inferiore o pari a 6 mesi

Devono, invece, trascorrere almeno 20 giorni di calendario se il primo contratto ha avuto una durata superiore ai 6 mesi. 

I contratti di lavoro stagionale possono essere, invece, stipulati senza soluzione di continuità e senza alcun rischio di incorrere in censure di illegittimità.

Gli stessi risultano, inoltre, totalmente esenti da limitazioni quantitative.

Un datore di lavoro può assumere, infatti, tutti i lavoratori stagionali di cui necessita senza dover rispettare la disciplina ordinaria dell’art. 23 Dlgs. 81/2015 secondo la quale un’impresa non può assumere lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20% dei lavoratori a tempo indeterminato presenti al 01 gennaio dell’anno di assunzione ovvero nella diversa misura eventualmente prevista dalla contrattazione collettiva.

Ai contratti a termine per attività stagionali non trova applicazione neppure il contributo addizionale Inps del 1,40% normalmente previsto in caso di stipula di ordinari contratti a tempo determinato, nè il contributo incrementale introdotto per le attività stagionali elencate dal DPR 7 ottobre 1963, n. 1525.

Rispetto alla disciplina ordinaria, tuttavia, anche i contratti stagionali non possono superare il numero massimo di 4 proroghe consecutive, previsto dell’art. 21, D.lgs. 81/2015, pena la costituzione tra le parti di un contratto a tempo indeterminato e sono sottoposti al normale regime del diritto di precedenza, tant’è che, ai sensi dell’art. 24, D.lgs. 81/2015 “Il lavoratore assunto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali”.
 

Somministrazione a termine e attività stagionali , deroghe ai limiti numericiL’analisi dell’ Ispettorato. 




Fonte: Lavorosì – 

https://www.lavorosi.it/rapporti-di-lavoro/tipologie-contrattuali/la-stagionalita-ed-il-ricorso-al-contratto-a-tempo-determinato/

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