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Il caso Google – Enel X

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#1/2025
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Il caso in oggetto. Con decisione del 27 aprile 2021, caso A529 – Google/compatibilità app Enel X Italia con sistema Android Auto, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sanzionato Alphabet Inc., Google LLC e Google Italy S.r.l. (Google) in relazione ad una fattispecie di abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE. Nello specifico, Google si sarebbe rifiutata di sviluppare un apposito modello al fine di rendere compatibile il suo sistema Android Auto con una applicazione sviluppata da Enel X (JuicePass) per i servizi di ricarica dei veicoli elettrici. Per tale condotta, l’AGCM ha comminato a Google un’ammenda superiore a 100 milioni di euro.

La decisione dell’AGCM è stata poi confermata dal Tar Lazio con sentenza del 18 luglio 2022, n. 10147/2022. Tale sentenza è stata appellata dinanzi al Consiglio di Stato, il quale ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) alcune questioni di carattere interpretativo in sede di rinvio pregiudiziale. La CGUE si è recentemente espressa con sentenza del 25 febbraio 2025, caso C‑233/23, Android Auto, ECLI:EU:C:2025:110.

Google/Enel X ≠ Bronner. La CGUE chiarisce innanzitutto come il caso Google/Enel X non riguardi una fattispecie da analizzare ai sensi della giurisprudenza in tema di essential facility. Tale giurisprudenza nasce in relazione a casi ove una impresa in posizione dominante si rifiuta di concedere ad un terzo l’accesso ad un asset – e.g., una infrastruttura, un diritto IP, ecc. – che essa ha sviluppato per sé stessa, ossia per il proprio utilizzo esclusivo. In uno scenario di questo tipo, affinché si possa configurare un rifiuto di fornitura illegittimo ai sensi dell’art. 102 TFUE, occorre che ricorrano dei requisiti assai stringenti: (i) il fattore di produzione deve essere indispensabile affinché l’impresa che chiede l’accesso possa competere con l’impresa dominante; e (ii) il rifiuto deve essere suscettibile di eliminare del tutto la concorrenza esercitata dall’impresa richiedente. Cfr. sentenza della CGUE del 26 novembre 1998, caso C-7/97, Bronner, ECLI:EU:C:1998:569, punto 41.

Diverso è il caso in cui l’impresa dominante concede già l’accesso al suo asset a taluni soggetti terzi, rifiutandolo tuttavia ad altri. In un tale scenario, la contestazione di un illecito antitrust è soggetta a criteri meno stringenti rispetto a quelli della giurisprudenza Bronner, in quanto l’accesso all’asset da parte del richiedente non va ad alterare fondamentalmente il modello economico dell’impresa dominante. In altri termini, la compressione della libertà di contrarre e del diritto di proprietà dell’impresa in posizione dominante, nonché l’impatto sul suo incentivo ad innovare, risultano minori.

Nello specifico, si tratta di una fattispecie che le Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 102 del TFUE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione della concorrenza (che dovrebbero essere finalizzate quest’anno) definiscono come restrizione all’accesso (sezione 4.3.4.), al fine di distinguerla dalla fattispecie del rifiuto di fornitura in tema di essential facility (sezione 4.2.3.).

Appare dunque corretto inquadrare il caso Google/Enel X come una restrizione all’accesso, e non come un rifiuto di fornitura in senso stretto, dato che il sistema Android Auto di Google era già aperto ad applicazioni di terzi.

Il tema degli effetti. In base a costante giurisprudenza, affinché la condotta dell’impresa dominante sia considerata illegittima, occorre che essa sia quantomeno idonea a determinare degli effetti anti-concorrenziali (generalmente effetti escludenti nei confronti dei concorrenti) sul mercato. Nel caso Google/Enel X, la CGUE evidenzia come non sia necessario che tali effetti si siano concretamente manifestati, essendo sufficiente che il comportamento abusivo sia potenzialmente in grado di avere un impatto negativo in termini concorrenziali sul mercato. Valutazione peraltro da effettuare in base agli elementi sussistenti alla data in cui la condotta è stata attuata. Si tratta di posizioni già espresse dalla CGUE in precedenti giudizi. Cfr. sentenza della CGUE del 12 maggio 2022, caso C-377/20, Servizio Elettrico Nazionale, ECLI:EU:C:2022:379, punto 53. Il fatto che il mercato abbia comunque mantenuto un certo grado di concorrenza, nonostante la condotta dell’impresa dominante, non costituisce dunque un’esimente di per sé.

La dimostrazione degli effetti (effettivi o potenziali) collegati alla condotta non richiede una precisa definizione del mercato impattato, essendo sufficiente una sua identificazione in termini generali.

Le giustificazioni. La CGUE chiarisce inoltre che il fatto di dover implementare degli sviluppi (nel caso di specie, uno specifico modello per garantire l’interoperabilità tra Android Auto e l’applicazione JuicePass di Enel X) al fine di consentire al terzo di accedere all’asset non costituisce un fattore che possa giustificare il rifiuto di accesso. L’impresa dominante dovrà dunque adoperarsi al fine permettere al terzo l’utilizzo dell’asset, anche apportando delle innovazioni, a meno che ciò comporti un rischio per l’integrità o la sicurezza dell’asset stesso o risulti tecnicamente impossibile. Interessante, in questo senso, il parallelismo con l’art. 6, comma 7, del Regolamento (UE) 2022/1925 del 14 settembre 2022 relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale (Digital Markets Act), nella parte ove si specifica: “Il gatekeeper ha facoltà di adottare misure strettamente necessarie e proporzionate volte a garantire che l’interoperabilità non comprometta l’integrità del sistema operativo, dell’assistente virtuale e delle componenti hardware o software fornite dal gatekeeper, a condizione che tali misure siano debitamente giustificate dal gatekeeper”.

L’impresa dominante avrà comunque diritto ad un periodo di tempo ragionevole per tale attività di sviluppo e potrà richiedere al terzo un corrispettivo economico equo e proporzionato.

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Patrick Marco Ferrari, Partner
Lorenzo Brandoli, Associate

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