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Il decreto sulla rendicontazione di sostenibilità per le imprese

E’ stato approvato lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva UE 2022/2464 riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità (Camera dei deputati n.160, 10 giugno 2024).

Questa normativa prevede obblighi di reporting delle imprese alquanto dettagliati e impegnativi che si collegano ad altri interventi dell’Unione in materia di sostenibilità: dal regolamento cd tassonomia e relativo principio “do not significant harm” (DNSH) alla direttiva due diligence.

Gli obblighi di reporting previsti dalla Unione si sono progressivamente ampliati dall’ ambito originariamente limitato ai temi finanziari, ad alcuni non financial reports lasciati alla discrezionalità aziendale, fino a comprendere, nell’attuale direttiva CSRD e nel decreto di recepimento, tutti gli oggetti e le implicazioni della sostenibilità in materia sia sociale sia ambientale.

Inoltre gli oggetti degli obblighi dei reporting sono stati molto specificati e arricchiti dal regolamento delegato pubblicato nella gazzetta ufficiale UE il 22dicembre 2023, che indica 12 gruppi di standards (European sustainability reporting standards ESRS) cui si devono uniformare i reports delle società comprese nell’ambito della direttiva, genericamente indicati come informazioni di sostenibilità.

Le indicazioni del regolamento europeo e degli standards riguardano tutti gli aspetti della sostenibilità, sia quelli sociali e del lavoro da tempo considerati, sia quelli più nuovi attinenti all’ambiente e alla governance societaria fino alla condotta del business.

Il decreto italiano di recepimento non ne fa menzione specifica e non aggiunge nessun altro standard; quindi restano vincolanti quelli specificati nel regolamento europeo. 

 

Gli obblighi di reporting relativi alla sostenibilità sociale e ambientale – Gli obblighi e gli standards relativi alla sostenibilità sociale sono indicati all’articolo 29 ter della direttiva (n.2, lett b) e specificate nel regolamento ESRS S 1 e S 2 rispettivamente in relazione alla forza lavoro della impresa e della supply chain.

Tali obblighi si riferiscono ai principali istituti di diritti del lavoro e della sicurezza sociale, che sono storicamente sufficientemente definiti; più incerto è il riferimento alle dinamiche della contrattazione collettiva e alla relativa copertura (sono note le controversie da tempo esistenti nel nostro paese al riguardo).

A queste informazioni vanno aggiunte indicazioni sui processi di coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti in merito agli impatti effettivi e potenziali sulla forza lavoro derivanti dalla strategia e dal modello aziendale, i rischi e le opportunità rilevanti, in particolare quelli derivanti dai piani di transizione verde, le possibilità di aggravare o mitigare gli impatti negativi sulla forza lavoro.

Inoltre le imprese devono attivare processi per porre rimedio agli impatti negativi e predisporre canali che consentano ai lavoratori propri di sollevare preoccupazioni e reclami, nonché porre in essere interventi rilevanti per la mitigazione dei rischi rilevanti.

Le informazioni relative ai fattori ambientali sono indicate alla lettera a) dell’art. 29 ter, n. 2, per grandi titoli che comprendono sei macro settori delle politiche ambientali (mitigazione dei cambiamenti climatici, adattamento ai cambiamenti climatici, risorse idriche e marine, uso delle risorse ed economia circolare, inquinamento, biodiversità ed eco sistemi).

Una novità introdotta a questa normativa è l’obbligo di rendicontare oltre agli aspetti patrimoniali anche i cd. intangibili internamenti generati se legati alla sostenibilità, comprese le informazioni relative al capitale umano sociale e relazionale, che è riconosciuto come essenziale per la creazione di valori e per il perseguimento degli obbiettivi SDG. 

 

Estensione degli obblighi alle supply chain – La portata di tali obblighi di rendicontazione è ulteriormente allargata, perché riguarda non solo le attività e i lavoratori delle società rientranti nell’ ambito della direttiva, ma anche quelli delle imprese facenti parte della supply chain, definita come “catena del valore”, e nella direttiva due diligence come “catena comprendente tutti i business partners” della società.

Le informazioni richieste sono tanto più ricche di implicazioni, perché non devono limitarsi a indicare elementi descrittivi ma devono essere accompagnate dalla indicazione degli ‘impatti rilevanti, effettivi e potenziali ‘ delle attività aziendali sulla forza lavoro propria e della supply chain in relazione a tutti gli aspetti sociali e ambientali indicati dagli standards europei.

Alle società comprese nell’ambito di applicazione del regolamento, anzitutto quelle medio-grandi, ma anche molte piccole imprese, in quanto facenti parte della catena di valore delle prime, si richiederà un impegno senza precedenti per la raccolta dei dati e della documentazione necessaria per raggiungere la cd. reasonable assurance che porti le rendicontazioni societarie su questi aspetti allo stesso livello di affidabilità dei reports finanziari.

Questa sintetica descrizione dei contenuti della direttiva è sufficiente per apprezzare il grande impatto che essa avrà sulle pratiche aziendali e sulla conoscenza di queste da parte non solo dei rappresentanti dei lavoratori ma da tutti gli stakeholder.

Gli adempimenti di questi obblighi informativi, se puntualmente eseguiti, sono in grado di fornire una conoscenza senza precedenti delle condizioni di lavoro individuali e delle relazioni collettive nelle imprese; senza precedenti perché non tutte queste informazioni, specie quelle qualitative, sono disponibili dalle fonti esistenti, oppure non lo sono sempre in modo comparabile e con continuità temporale.

Inoltre le informazioni sugli obiettivi e sulle strategie aziendali relative ai principali istituti di diritto del lavoro sopra ricordati daranno indicazioni preziose alle parti collettive e alle istituzioni pubbliche su quali sono le (possibili) reazioni del sistema economico produttivo alle trasformazioni indotte dalle due transizioni ecologica e digitale. 

 

Le implicazioni sui comportamenti futuri delle imprese – Va infine rilevato che gli elementi informativi e di valutazione richiesti dalla direttiva non potranno restare senza ricadute in ordine agli effettivi comportamenti delle imprese.

Una volta che le imprese abbiano indicato in dettaglio le loro strategie sui principali aspetti dei rapporti individuali e collettivi di lavoro, avendole prima comunicate e discusse con le rappresentanze sindacali e accompagnate con valutazioni di impatto, questo insieme di informazioni e valutazioni costituiranno un patrimonio comune a tutte le componenti aziendali e delle comunità territoriali interessate, cui è dedicato un altro capitolo della direttiva (ESRS S 3).

Per questo motivo esse tenderanno a esercitare un condizionamento sulle decisioni e sui comportamenti delle imprese interessate in senso coerente con le informazioni e le valutazioni rese pubbliche. 

L’adeguamento degli obblighi della direttiva e del decreto in esame sarà utile per preparare il terreno agli adempimenti previsti nella direttiva Due diligence, che riguardano sia la individuazione dei rischi per i diritti umani e ambientali delle attività delle imprese, sia l’adozione di misure per accertare gli impatti negativi anche potenziali di tali attività, e per prevenire e mitigare questi impatti.

 

 

Fonte: Lavorosì – https://www.lavorosi.it/notizie/il-decreto-sulla-rendicontazione-di-sostenibilita-per-le-imprese/

 

 

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